Tante, e il primo grande boom c’è stato nel 2019: vediamo cosa dicono i numeri a proposito del regime fiscale agevolato
L’Italia è un paese di autonomi. A dirlo sono i numeri: circa il 21% dei lavoratori nel nostro paese è a partita IVA, ben 4 milioni e 825mila tra artigiani, commercianti, liberi professionisti, piccoli imprenditori, freelance nelle nuove professioni digitali. Non è un caso se in molti considerano gli autonomi lo scheletro dell’economia italiana, sebbene rispetto al 2004 siano scesi del 21%.
Dal momento che tra burocrazia e tassazione la fase di avviamento di un’attività in Italia è estremamente impegnativa, chi decide di mettersi in proprio farebbe bene a valutare la possibilità di aprire una partita iva a regime forfettario dato che questa soluzione ha già dato modo a diversi professionisti e imprenditori di alleggerire il carico fiscale e gestionale.
E proprio delle partite IVA forfettarie vogliamo parlarvi, andando a vedere quali sono i numeri dietro il regime fiscale agevolato introdotto nel 2019.
Partite IVA a regime fiscale forfettario: cosa ci dicono i numeri
Com’è facile immaginare, il regime forfettario conta un buon numero di lavoratori autonomi, visti i vantaggi legati alla minor burocrazia richiesta rispetto agli altri regimi e a una tassazione a forfait che semplifica, non di poco, gli adempimenti fiscali.
I lavoratori con partita IVA a regime forfettario sono oggi circa 1,9 milioni. Il balzo c’è stato nel 2019, in concomitanza con la riforma che ha portato la soglia di reddito lordo annuo da 30mila a 65mila: secondo quanto riportato dal Ministero dell’Economia, le partite IVA forfettarie sono cresciute solo in quell’anno dell’80%, toccando quota 1 milione e 566 mila. Dopo la “pausa” del 2020, dovuta al Covid, nel 2021 c’è stata una certa ripresa: delle nuove partite IVA aperte, quasi il 46% facevano parte del regime fiscale agevolato.
Come funziona il regime fiscale forfettario
Il regime fiscale forfettario è un sistema agevolato che prevede un’aliquota del 15% (del 5% per i primi 5 anni) calcolata su un determinato coefficiente di redditività, diverso a seconda dell’attività svolta: per esempio, per i commercianti è del 40%, mentre per i freelance è del 78%. Il calcolo delle imposte da pagare segue questa formula:
- ricavi x coefficiente di redditività – contributi versati
Su questo importo si calcolano le tasse da pagare.
I vari governi hanno portato i ricavi annui lordi dai 30mila euro iniziali fino agli 85mila euro odierni. In altre parole, chi ha ricavi per massimo 85 mila euro all’anno può optare per questo regime fiscale.
Oltre a non superare gli 85mila euro di reddito annui, non si devono superare i 5mila euro di spese e i costi per i beni strumentali non devono andare oltre i 20mila euro.
Tra gli altri vantaggi del regime agevolato, troviamo
- niente IVA in fattura né detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti
- nessun obbligo di liquidazione e versamento dell’imposta e di presentazione della relativa dichiarazione annuale
- nessuna registrazione delle fatture emesse, dei corrispettivi e degli acquisti
- niente studi di settore
Quando è nato il regime forfettario?
La Legge di Bilancio 2015 ha sostituito il vecchio regime dei minimi con il regime fiscale forfettario. Fino al 2019, come accennato, la soglia dei ricavi era fissata a 30mila euro: quattro anni fa, la soglia è salita ai 65mila euro annui. Quest’anno, il governo ha deciso di alzare ulteriormente la soglia, portandola a 85mila euro.
Con questa scelta, è probabile che i numeri delle partite IVA a regime forfettario aumenteranno ancora di numero.
In conclusione
Le partite IVA a regime forfettario sono oggi quasi 2 milioni, e con tutta probabilità sono destinate a crescere, considerato l’innalzamento della soglia dei ricavi a 85mila euro. Si tratta di un regime fiscale facile da gestire, con pochi, chiari obblighi e molte semplificazione rispetto al regime ordinario. Ecco spiegato il successo del regime forfettario, ben spiegato dai suoi numeri.
Comunicato Stampa