BELLONA – È di queste ore la notizia che la Direzione distrettuale antimafia presso la Procura della Repubblica di Napoli avrebbe aperto un fascicolo sul rogo che scoppiò lo scorso aprile nel sito di stoccaggio Ilside di Bellona, creando una catastrofe ambientale che interessò tutta la zona. Gli inquirenti avrebbero inserito quello scempio in un quadro più ampio, che comprende altri incendi che si sarebbero verificati in questi mesi in Terra di Lavoro e che potrebbero far parte di una precisa strategia della criminalità organizzata, in pieno riassetto organizzativo dopo i colpi subiti in questi mesi e desiderosa di riappropriarsi del delicato comparto “rifiuti”.
In particolare, lo scontro tra società che gestiscono la raccolta dei rifiuti, i rinnovati legami con la politica e i rapidi cambiamenti nella geografia criminale della provincia di Caserta, potrebbero ricollegarsi in qualche modo allo “strano” fenomeno di combustione che ha colpito vari siti di stoccaggio sul territorio. Non è un caso, infatti, che già appena dopo il rogo dell’impianto di località Ferrazzano, gli inquirenti accertarono la natura dolosa dell’incendio. La pioggia di quei giorni e l’umidità serale, avevano reso umido – e non facilmente incendiabile – il materiale depositato nello spiazzale. Ma, altrettanto stranamente, quei rifiuti presero rapidamente fuoco. Inoltre, nell’area di proprietà dell’imprenditore Michele Della Gatta e gestita dal gruppo capitolino “Iacorossi”, era stato rinvenuto un bidone portato dall’esterno e da dove si sarebbero sprigionate le fiamme che causarono danni per quasi sei milioni di euro (finirono in fiamme: camion, compattatori, muletti, un capannone e le eco balle).