CASERTA – Nella giornata di ieri (12 febbraio), nell’ambito di un’ indagine ambientale coordinata dalla Procura della Repubblica e svolta nelle ultime ore dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale Carabinieri di Caserta e dal Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Caserta, è stato eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di 12 pozzi utilizzati per uso domestico e fertirrigazione, su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti, in primis da Arsenico, sostanza nota per la sua elevata tossicità. Sono in corso di svolgimento, inoltre, attività tecniche di carotaggio volte a verificare, in particolare, se la contaminazione abbia interessato anche la matrice suolo.
Il comunicato della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vedere:
Questa Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha emesso in data 7.2.2019 decreto
d’urgenza (convalidato dal G.i.p. in data 8.2.2019), con il quale sono stati sequestrati dodici pozzi utilizzati
per uso domestico e fertirrigazione, su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti, in
primis dell’Arsenico, sostanza nota per la sua elevata tossicità, con valori che in un pozzo sono giunti a
superare di 850 volte i valori previsti per tale sostanza dalla tabella allegata al T.U. Ambiente.
Nella giornata dell’11.2.2019 i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Casetta e quelli del
Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale di Casetta nonché della Sezione di
Polizia Giudiziaria di questa Procura hanno dato esecuzione al detto decreto e conseguente convalida
apponendo i segni materiali volti a precludere l’utilizzo dei detti pozzi, contemporaneamente svolgendo
un’ulteriore attività di accertamento —unitamente a personale qualificato dell’Arpac- mediante carotaggi.
Detti carotaggi hanno avuto termine in data dì ieri con esito positivo, dato il rinvenimento dì
materiale che appare essere scarto di produzione industriale, salve le successive analisi a compierei da
‘parte dei laboratorii abilitati delTARPAC per la classificazione certe del tipo di materiale rinvenuto.
L’assoluto allarme destato da tali valori accertati da questa A.G. – catastrofici ed incompatibili con
qualsiasì origine diversa da quella umana —ha, peraltro, comportato la necessità di approfondire la storia
del sito.
Partendo da un’analisi storica, è emerso che l’area oggetto dell’indagine, denominata “Piscina Rossa”,
(denominazione che si è tramandata tra gli abitanti del luogo eh© serbavano memoria dì un originario
invaso dì raccolta dì acque eoa tale colore) era utilizzata in passato quale recapito delle acque di processo
delle attività industriali dell’ex Opificio Saint Gobain.
I predetti pozzi, infatti, sono stati individuati all’interno del perimetro della predetta area ubicata
all’interno della ed. “Area Vasta” e, precisamente, nella porzione ricompresa nel comune di San Nicola la
Strada. La storia del sito trae origine dalla omonima fabbrica di produzione del vetro ivi insediata a partire
dal 1958, “quale imo dei primi esempi di grande industria inseriti in una più ampia area di tradizione e
vocazione agricola”.
Detta industria, nel dedicarsi alla produzione del vetro, seguiva un processo produttivo che
prevedeva che alla fusione seguisse una fase di “affinamento” e, in ultimo, di “ricottura”, al fine di avere un
prodotto privo di impurità e difetti, nonché dotato di buone proprietà di resistenza meccanica1. Per quanto
attiene all’impiego di reattivi chimici quali coloranti, o affinanti, vi erano reagenti intrinsecamente pericolosi
per l’uomo e per l’ambiente tra cui l’ARSENICO, quale “agente affinante”, altamente cancerogeno, con
conseguente emissione e rilascio nell’ambiente di sottoprodotti arsendosi, non biodegradabili.
Le attività produttive della fabbrica Pisani Vetri Saint Gobain proseguivano (sebbene si suppone vi
fosse un decremento nell’ultima fase) fino al 1988, quando avveniva la dismissione totale della fabbrica e il
passaggio di tutta l’area alla Progetto Industrie Sri, che nel Marzo 1989 presentava la proposta del cc.dd.
“Programma di sviluppo, integrazione e ristrutturazione industriale e previsione di occupazione di forze
lavorative per l’area Saint Gobain nel Comune di Caserta”, cui faceva seguito nel 1990 il “Piano
occupazionale per la ristrutturazione e riconversione dell’impianto industriale ubicato nell’area Saint
Gobain Caserta “, il quale prevedeva la coesistenza nell’area di attività industriali e terziarie”.
Tuttavia, con Delibera n. 26 del 25 Marzo 1991 il Comune di Caserta approvava la variazione di
destinazione urbanistica dell’area di proprietà di Progetto Industrie Sri, che passava da “Area Industriale” a
“Zona ad insediamenti produttivi e terziari”, con relativa variante al Piano Regolatore vigente al tempo, volta
a trasformare l’area ex-Saint Gobain da industriale a residenziale con la possibilità di realizzazione due
miliardi di metri cubi di costruzioni. Petti Programmi restavano Inattuati, in quanto finspiegabilmente)
l’area dalla originaria vocazione industriale veniva destinata all’insediamento di attività del settore
terziario e – soprattutto – all’urbanizzazione ad uso abitativo, senza che si palesasse la seria
preoccupazione per rendere compatibile il vecchio uso, con la nuova destinazione (come sì evince del
resto dallo stato attuale de! luoghi).
Infatti, nel 1996 erano stipulati due diversi Accordi di Programma fra Regione Campania,
Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie Sri, che compirono l’iter
di riclassificazione dell’area ex Saint Gobain. L’area in oggetto, pari a circa 415.000 metri quadrati
era suddivisa in 180.000 metri quadrati con classificazione D2 “Insediamenti produttivi industriali”,
170.000 metri quadrati con classificazione D3 “Uffici e servizi” ed la restante parte con classificazione
FI e F6 “Infrastnitture ed impianti di interesse pubblico”. La variazione del Piano Regolatore
Generale e del Piano di Sviluppo Industriale condussero dunque ad un’area non più vincolata allo
sviluppo industriale.
La storia del sito ha comportato all’attualità che l’area indagata risulta ubicata in
corrispondenza di una vecchia cava generata dalla escavazione di materiali di origine tufacea e poi
utilizzate quale recapito di scarti di lavorazione sia ed. “solidi” che “liquidi” delle attività produttive
dell’ex stabilimento Saint Gobain. dei quali soprattutto i reflui liquidi davano luogo alla cosiddetta
1 La massa di sabbia silicea veniva addizionata con diversi altri reagenti e additivi chimici, aventi scopo differente in ragione della propria natura, ma
comunque tali da rendere più agevole e controllabile il processo produttivo e nel dettaglio vi era l’uso di alcuni “additivi”, inclusi nella massa per
conferire specifiche proprietà al prodotto finito, quali ad esempio:
« Agenti stabilizzanti(ossidi di Calcio, Bario, Magnesio, Zinco) volti a migliorare le proprietà meccaniche del prodotto;
• Agenti coloranti (ossidi di Ferro, Rame, Cromo, Cobalto), volti a conferire un colore al prodotto finale, ovvero “decoloranti” (biossido di
Manganese) per l’effetto opposto;
• Agenti affinanti (triossido di Arsenico, nitrati alcalini e nitrati di ammonio), volti a favorire l’eliminazione di eventuali bolle d’aria incluse nella massa fiisa.
La disastrosa situazione riscontrata comporta la necessità di approfondirne i profili di responsabilità.
Invero, dalle indagini in corso è emerso un quadro (allo stato) parziale che, sebbene non consenta di attribuire precise
responsabilità in capo a singoli soggetti, in ogni caso evidenzia come la situazione fosse nota dal 2010 ai livelli locali di
governo del territorio.
Infatti, dall’attività d’indagine è emerso che nell’anno 2010, il Dipartimento dell’AEPAC di Caserta aveva
condotto accertamenti preliminari sull’area in argomento al fine di verificare se la presenza di Arsenico (As) nelle acque
sotterranee prelevate dalla cosiddetta “piscina rossa”, accertando un inquinamento da attribuire al pregresso utilizzo da
parte della Saint Gobain, dell’invaso per il recapito finale dei propri scarichi liquidi e scarti di produzione. Tale
accertamento seguiva a quanto prescritto come risultato di una Conferenza dei Servizi istruttoria del 04.03.2010 indetta
presso la Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Del
resto, la Graftech S.p.A., nell’inoltrare al Dipartimento dell’AEPAC di Caserta istanza di rilascio di attestazione
ambientale per la propria attività (svolta accanto all’area occupata dalla Saint Gobain, invitava la stessa Agenzia ad
effettuare opportune indagini tese a verificare l’attribuibilità dei superamenti di legge a valori di fondo naturale .
In tal senso, l’attività di analisi esitava nella relazione ARPAC 44/TF/10 che sollevava già nel 2010 una reale e
allarmante problematica ambientale.
Inoltre, la Giunta Regionale della Campania —Direzione Generale del Ciclo Integrato delle Acque e dei Rifiuti
– Valutazioni e Autorizzazioni Ambientali- U.O.D. Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti di Caserta emetteva nota prot.
2019-68403 del 31.01.2019, cui veniva allegato uno stralcio del Verbale della Conferenza di Servizi decisoria
convocata presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio in data 04.03.2011 dove, oltre a ripercorrere
l’intera vicenda della Graftech, si evidenziavano i dati allarmanti emersi dalla relazione dell’ARPAC 44/TF/10 sui
campionamenti dei piezometri presenti in quell’area, demandando agli Enti competenti una serie di attività di
monitoraggio e prevenzione per la tutela della salute umana, anche alla luce dell’accertato utilizzo di quelle acque per
fertirrigazione e dell’urbanizzazione presente.
Se, paradossalmente veniva aperta un procedimento a carico della Graftech, poi concluso in quanto soggetto
non responsabile della situazione rappresentata, a tale esito tuttavia seguiva la definizione di “Progetto Definitivo di
Bonifica Eseguito”, ricompreso nel Piano Regionale di Bonifica”, accendendosi un nuovofocus sull’area utilizzata dalla
Saint Gobain, quale recapito finale dei propri scarichi e (come si evince dalla lettura del verbale) di sua proprietà.
Tale nuovo sito, convenzionalmente denominato “Ex cava in uso Saint Gobain”, veniva inserito dal Centro
Regionale Siti Contaminati dell’ARPAC nell’elenco “recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nel
SIN “Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano”, con codice “1078A010”. Tale inserimento era un punto di partenza
di specifiche comunicazioni e operazioni da parte di Regione Campania- Provincia di Caserta e Comune di San Nicola
la Strada.
Va precisato che queste attività avrebbero dovuto essere già svolte in via preliminare all’atto delle modifiche di
destinazione urbanistica che ha avuto inizio nel 1991 con Delibera n° 26 del 25 marzo 1991 del Comune di Caserta
(seguita da successivi accordi di programma stipulati nel 1996 fra Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di
Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie S.r.l. – società che aveva rilevato l’area industriale), in quanto il cambio di
destinazione urbanistica non poteva non tenere in considerazione la precedente destinazione d’uso, come si evince dalla
documentazione esistente presso il Genio Civile di Caserta. Ed invece, la cava in argomento risultava assolutamente
sconosciuta e non inserita nel “piano di recupero ambientale del territorio della provincia di Caserta compromesso
dall’attività estrattiva delle cave abbandonate, abusive o dismesse”, che nel territorio comunale di San Nicola la Strada
vedeva censite le sole cave identificate con le sigle O l e NA.
Emergeva invece, l’esistenza di un ex SIN (Sito di Interesse Nazionale) inserito nel Piano Regionale di
Bonifica (PRB), aggiornato con DGR n° 381 del 28.12.2017 e susseguente all’approvazione con DGR n° 417 del
27.07.2016 (in BURC n° 55 del 16.08.2016) delle norme tecniche di attuazione del PRB – unitamente alle linee guida
per l’esecuzione delle indagini preliminari.
Da quanto detto, emerge allo stato come una pluralità di soggetti – tra cui Enti Pubblici – sapesse e non avesse
assunto alcuna utile iniziativa (in primo luogo di monitoraggio della disastrosa situazione rappresentata sinora), ferma
restando la suddetta necessità di pervenire alla precisa attribuzione di condotte a soggetti individuati e determinati
mediante il compimento di attività ulteriori.
Peraltro, ad aggravare la già disastrosa situazione accertata, a margine si deve dare conto che n
occasione dell’effettuazione dei carotaggi è stato rinvenuta una consistente presenza di quello che appariva
evidente essere amianto su alcuni terreni oggetto di indagine, rinvenimento cui seguiva il sequestro dell’area
interessata.
Santa Maria Capua Vetere, 12 febbraio 2019.
Red.