ROCCHETTA E CROCE – La storia è sempre la stessa: un colosso imprenditoriale che distribuisce prodotti in tutto il mondo tenta di depauperare le risorse di una piccola comunità senza voler pagare nemmeno il dovuto a titolo di ristoro ambientale e risarcire chi vive in quella terra. Uno schema perfettamente sovrapponibile alla vicenda che ha messo di fronte la Ferrarelle S.p.A e il Comune di Rocchetta e Croce. La prima è una società che distribuisce acqua minerale in 40 Paesi su scala internazionale e che da gennaio di quest’anno, attraverso la Danone Waters of America, fa arrivare le proprie bottiglie sulle tavole dei consumatori degli Stati Uniti d’America. Una holding che nel 2017 ha fatturato 142 milioni di euro, con una crescita di 5 milioni. Il secondo è uno dei paesini meno popolosi della Campania, arroccato in cima a una collina dalla sua fondazione nell’Alto medioevo.
Quest’ultimo, con delibera del Consiglio comunale, aveva rigettato la proposta di accordo presentato dalla Ferrarelle relativamente all’applicazione del Protocollo d’Intesa siglato nel 2001. Con lo stesso atto l’Ente dell’Agro caleno avevo chiesto alla società il pagamento di 323.444,24 euro quali importi dovuti dal 2010 al 2015, il pagamento di 90.000 euro a titolo di spese legali per i contenziosi amministrativi già svolti, l’assunzione di residenti per l’equivalente del 20% dei lavoratori impiegati, l’utilizzo di imprese locali e un contributo di 60mila euro a titolo di ristoro ambientale.
La Ferrarelle ha impugnato il provvedimento presentando ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania. La società che si occupa della distribuzione di acqua, infatti, chiedeva di applicare il protocollo scaduto nel 2006, versando una somma inferiore e forfettaria al Comune per gli anni successivi al 2010, e spingendo l’Ente a non avanzare più pretese.
A conclusione dell’udienza del 26 febbraio scorso, la quarta sezione ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso. “In primo luogo– si legge nella sentenza depositata il 27 marzo scorso – , la richiesta sarebbe illegittima e contraria alla buona fede in ragione della inefficacia sopravvenuta del protocollo, scaduto nel 2006 e mai rinegoziato; la rinegoziazione, infatti si renderebbe necessaria per le mutate condizioni di fatto e normative sottese alla concessione di cui beneficia parte ricorrente (sfruttamento acque sorgive) rinnovata per quindici anni a decorrere dal 11.04.2010 con l’obbligo di corrispondere al Comune intimato le somme previste dall’art. 36 L. Reg. Campania n. 8/2008. La previsione di questo contributo priverebbe di causa il contributo previsto dal Protocollo di Intesa per la ‘riqualificazione ambientale’. Inoltre, si rileva che la società ha cambiato proprietà e che le condizioni di mercato sono difficili e tali da dover condurre a una riconsiderazione dell’indicato protocollo. Si afferma, poi, che il Comune non solo avrebbe rifiutato di rinegoziare il protocollo ma avrebbe anche aggravato le richieste effettuate in base allo stesso. Ebbene, in mancanza di tale rinegoziazione, il protocollo d’intesa citato dovrebbe ritenersi privo di efficacia”.
Per cogliere tutti gli elementi della complicata vertenza, vi invitiamo a leggere la lunga sentenza che trovate di seguito:
Sentenza Tar – Rocchetta e Croce
Red. Cro.