CAMIGLIANO – E’ stato testimone indiretto della strage di una intera famiglia. Un delitto efferato che non ha ancora un responsabile. Oggi è uno dei cantanti dei Gigli più apprezzati. All’epoca dei fatti, Tino Simonetti, aveva appena undici anni ed abitava nello stesso stabile di via Caravaggio a Napoli, tristemente balzato agli onori della cronaca. A trentasei anni di distanza un gruppo di criminologi, avvocati, e psicologici, sta provando a riaprire il caso. Ed uno dei punti di partenza non può essere che lui, Tino, per tutti ‘big Tino’, ultimo custode degli ultimi istanti di vita della famiglia Santangelo. Il suo ricordo è legato al racconto di sua mamma che aveva ben in mente quella notte del 29 ottobre del 1975, quando durante parte della notte udì rumori strani provenire proprio dall’appartamento dei Santangelo. L’altra sera intervenendo alla nota trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ Simonetti ha ricordato quella tragica notte.
Il ricordo della mamma aiutò gli inquirenti a contestualizzare l’efferato delitto, in particolare l’ora in cui l’assassino o gli assassini sarebbero entrati in azione. Il racconto di Tino, infatti, dà forza, anche all’ipotesi che quella lontana notte a sterminare la famiglia Santangelo potrebbe essere stata anche più di una persona. “Ricordo bene – racconta infatti Tino – che mia mamma affermava che ad un certo momento è come se avesse sentito più passi in posti diversi provenire dall’appartamento dei Santanelo”. Quella sera, intorno alle 23 e 30, in un appartamento al quarto piano del palazzo al numero 78 di via Caravaggio entra qualcuno.
Il padrone di casa, Domenico Santangelo, deve conoscere bene il suo ospite: interrompe la cena che ha in corso in cucina con la moglie, Gemma Cenname (sposata in seconde nozze, originaria di Camigliano), e lo riceve nello studio nonostante l’ora tarda e insolita. All’ospite viene offerto un bicchiere di brandy e inizia una discussione. Sembra una visita come tante ma non è così: forse un litigio improvviso, un’offesa di troppo, un ricatto insopportabile. L’ospite perde la testa e si trasforma in una belva furiosa, in un mostro: afferra un corpo contundente (individuato per caso nel salotto) e aggredisce Domenico Santangelo, colpendolo alla testa in modo violento. La sua furia non risparmia neanche Dick, un cagnolino yorkshire di proprietà dei Santangelo che in quel momento è vicino al suo padrone. A cadere saranno poi in una sequenza da ‘Arancia Meccanica’ anche la moglie Gemma e la figlia Angela. Naturalmente per la eventuale riapertura del caso bisognerà valutare lo stato di conservazione dei reperti rinvenuti sulla scena del delitto. Gli stessi potranno essere esaminati anche alla luce delle nuove tecniche.
Antonio D’Ascoli da “Cronache di Caserta”