CASERTA — Man mano che gli elementi emergono, il quadro che si delinea appare sempre più raccapricciante. In pratica, per anni il Consorzio unico di bacino ha letteralmente regalato soldi, a spese dei contribuenti. Non solo ai lavoratori, cui sono stati concessi indebiti aumenti di livello, benefit e superminimi a pioggia, e in molti casi stipendi da nababbo (per rendere l’idea la busta paga di gennaio 2010 dell’assistente e dell’autista del direttore generale ammontavano rispettivamente a 5459 euro e a 4.162 euro: ben più dello stipendio un magistrato con 14 anni di anzianità). Ma anche alle imprese, che venivano pagate per lavori mai effettuati. Si evince dal più recente filone dell’inchiesta condotta dai pm Silvio Marco Guarriello ed Antonella Cantiello della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che hanno iscritto nel registro degli indagati dieci persone: l’ex direttore generale del Consorzio, Antonio Scialdone; l’ex vicepresidente facente funzioni, Enrico Parente; gli ex direttori generali del Consorzio Ce3, Francesco Cundari (tra il 1999 e il 2006) ed Antonio Limatola (dal 2007 al 2008); l’ex responsabile dell’articolazione casertana del Cub, Giuseppe Venditto; e gli imprenditori Luigi Caprio (titolare della società che gestisce attualmente il global service del verde pubblico presso il Comune di Caserta), Mario Pirozzi, Mario Santilli, Francesco Caprio e Francesco di Tano.
TRUFFA AGGRAVATA – Per tutti (ad eccezione di Di Tano), l’accusa è di truffa aggravata in concorso tra loro. E per i dirigenti del Cub e del vecchio Ce 3 si aggiunge anche quella di abuso d’ufficio con indebito vantaggio patrimoniale.
«Creando il falso presupposto della necessità di eseguire lavori» sottolineano i giudici, venivano affidati appalti per il nolo a caldo o a freddo (e cioè, con o senza operatore) di trattori, escavatori, bob cat, e persino semplici decespugliatori (con operatore). Un trattore costava 500 euro al giorno più Iva. Due decespugliatori 250 euro al giorno più Iva ed altri 250 ogni operatore. Il bob cat 350 euro più Iva. L’escavatore 480 euro. Le società affidatarie erano sempre le stesse: la Edil Eco Sud Srl (di cui Pirozzi era amministratore unico e Luigi Caprio amministratore di fatto) e la Green Impresit (di cui Santilli era legale rappresentante e Francesco Caprio amministratore di fatto).
GLI AFFARI – Gli appalti venivano frazionati per rimanere al di sotto della soglia di evidenza pubblica ed affidati direttamente invocando la motivazione dell’urgenza. L’andazzo è cominciato al Ce3, dove Scialdone rivestiva l’incarico di vice direttore generale. Ed è proseguito al Consorzio unico di Bacino, dove è divenuto titolare. Sono numerosissimi gli episodi contestati dai pubblici ministeri, che sottolineano come nella maggior parte dei casi gli affidamenti venissero «falsamente ed illegittimamente frazionati» in maniera da rimanere al di sotto della soglia che impone una procedura ad evidenza pubblica. Ogni volta le fatture si aggiravano intorno ai 40mila euro, per lavori – come già detto – mai effettuati.
IL PROFITTO – Ma per uno solo dei capi di imputazione i giudici ipotizzano un profitto (e quindi, un conseguente danno per l’ente) di «circa 400mila euro». E per un altro, per il quale sono stati utilizzati fondi che erano stati assegnati al Cub con vincolo di destinazione per gli stipendi dei dipendenti, individuano un pagamento a favore della Edil Eco Sud per complessivi 681.864 («in data 19 novembre 2009, 105.600 euro»). Ma non solo, perché su questi profitti illeciti, poi, gli imprenditori hanno provato anche ad eludere le tasse. In particolare, a Santilli e a Francesco Caprio viene contestata «una dichiarazione fraudolenta mediate uso di fatture per operazioni inesistenti» per complessivi 290 mila euro: fatture emesse, appunto, da Di Tano con la sua ditta individuale per una cifra analoga.
Pietro Falco, corrieredelmezzogiorno.it