Un libro di Elettra Stimilli su Jacob Taubes, un rabbino tra il messianesimo e il ’68

Un libro di Elettra Stimilli su Jacob Taubes, un rabbino tra il messianesimo e il ’68

Il libro di Elettra Stimilli, “Jacob Taubes – Sovranità e tempo messianico” (Morcelliana, 288 pagine, 24 Euro), è una complessa opera di scavo nella vita e nel pensiero di un rabbino di origine viennese, emigrato prima in Svizzera, poi a New York, Gerusalemme ed infine in Germania, in cui si riflettono alcune delle più significative esperienze culturali del Novecento. Nelle, spesso contrastate, amicizie e frequentazioni di Jacob Taubes (1923-1987) con Gershom Scholem, Theodor W. Adorno, Karl Löwith, Leo Strauss non solo possiamo trovare un punto di vista privilegiato da cui disegnare il ritratto intellettuale di un’intera generazione, ma soprattutto, nel suo confronto con Walter Benjamin e Carl Schmitt, è possibile sorprendere i nodi teologici e politici che più hanno segnato il secolo.
L’autrice del volume, Elettra Stimilli, insegna Filosofia teoretica presso la Sapienza – Università di Roma. Tra le sue pubblicazioni: “Il debito del vivente. Ascesi e capitalismo” (Quodlibet, 2011); “Debito e colpa” (Ediesse, 2015);  ha inoltre curato l’edizione critica e la traduzione di opere di Jacob Taubes. E’, pertanto, una guida particolarmente efficace per accompagnarci nei meandri di una personalità molto sfaccettata, quale è stato Jacob Taubes. Le domande che ci si pongono aprono scenari di grande fascino: cosa resta del messianesimo tra crisi delle filosofie della storia e ritorno di attualità della teologia politica, nel mondo segnato dai totalitarismi? Come pensare la promessa di redenzione, propria dell’ebraismo, dopo l’età della cristianità e il suo apparente risolversi in compiuta secolarizzazione? È ancora possibile una storia? Domande che guidano l’autrice in questa prima biografia intellettuale di Jacob Taubes, un profilo che mostra come l’inattualità delle sue indagini sull’escatologia occidentale, san Paolo, la teocrazia, legittimi la definizione, paradossale, di pensiero classico.
Il nome di Jacob Taubes non è ignoto a chi ha seguito le vicende del ’68. Come scrive Elettra Stimilli, “al Sessantotto Taubes aveva attivamente partecipato durante il suo insegnamento alla Freie Universitat di Berlino, negli stessi anni in cui aveva cominciato ad avvicinarsi al giurista tedesco del nazionalsocialismo Carlo Schmitt. Il loro rapporto ha fatto scalpore nella cultura europea del dopoguerra e il suo ostinato tentativo di seguire le orme di Walter Benjamin e di leggere ‘contro pelo’ in senso rivoluzionario la letteratura fascista non è risultato facile da elaborare, soprattutto in Germania. In un tempo che aveva proclamato la ‘fine della storia’ scomodo era anche apparsa la sua tenace ricerca di quelle che Benjamin aveva definito ‘schegge messianiche’ in grado di riattivare la storia dei vinti”. E ancora, sempre Elettra Stimilli: “Soltanto oggi, quando il nome del giurista tedesco Carl Schmitt, noto anche per i suoi legami con il nazionalsocialismo, è ormai entrato a pieno titolo nel dibattito su Walter Benjamin e la discussione non mostra più alcun disagio di fronte all’individuazione di un nesso profondo tra la sua filosofia della storia e la teoria politica schmittiana, la figura di Jacob Taubes può trovare il terreno adeguato di interpretazione che renda finalmente giustizia al suo lavoro pioneristico, non solo nell’ambito degli studi benjaminiani”.

Red. Cro.

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