Del Medioevo se ne può parlare in tanti modi diversi: dal punto di vista politico, militare, religioso o culturale; ma Virtus Zallot mette al centro del suo studio dell’Età di Mezzo i capelli. Nel suo libro “Sulle teste nel Medioevo – Storie e immagini di capelli” (il Mulino, 288 pagine, 26 Euro), come scrive Alessandro Vanoli nella prefazione al bellissimo volume parlando dei dipinti che sono stati scelti a scopo iconografico, “vedrete dame intente a pettinarsi, cavalieri dalla folta chioma, strani personaggi dai capelli rossi; e capirete facilmente che questi dipinti raccontano una storia che in fondo vi appartiene, anche se raramente ci pensate”. Virtus Zallot è docente di Storia dell’arte medievale oltre che di Pedagogia e didattica dell’arte all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia: a tal proposito Alessandro Vanoli, nelle prime righe della prefazione, afferma inoltre che una volta avuto tra le mani il libro “potete cominciare a sfogliarlo; anche solo guardando le figure. E vedrete subito che ne vale la pena”.
Può sembrare bizzarro parlare di storia attraverso le acconciature, ma la lettura del libro fa ben capire che la scelta della professoressa Virtus Zallot è particolarmente oculata. I capelli, infatti, “nella realtà e nell’immaginario medievali dichiaravano appartenenza o alterità distinguendo il povero dal ricco, il vicino dallo straniero, il laico dal chierico, la donna onesta dalla dissoluta, la vergine dalla maritata, il vanitoso dall’umile”. Non dovrebbe poi sorprendere così tanto: non solo nel Medioevo, i capelli erano espressione di estrazione sociale e culturale; basti pensare a tempi a noi più vicini in cui i “capelloni” rappresentavano il rifiuto della società borghese, espressione di un violento scontro generazionale che si è avuto nella seconda metà del secolo scorso.
Nell’interessante saggio “leggerete storie di donne che li accorciano e degradano per ripudiare la propria femminilità, talora con scelta coraggiosa altrove per destino imposto; di uomini che li esibiscono o li mutano per affermare o negare il proprio ruolo nel mondo; di condannati a cui sono crudelmente asportati e di cadaveri a cui miracolosamente crescono; di ciocche donate quale pegno d’amore oppure venerate come preziosa reliquia. Li scoprirete infine strumento e terminale di azioni meccaniche e di gesti simbolici: afferrandoli si sospendeva, tratteneva, trascinava, sollevava; rasandoli e strappandoli si malmenava e puniva; tormentandoseli si esprimeva disperazione o paura”.
Insomma, i capelli diventano una nuova lente attraverso la quale capire il Medioevo, in un libro ben scritto ed estremamente scorrevole. Non vi resta che sfogliare e godere sia delle parole sia delle bellissime immagini che lo compongono.
Dario Palmesano