Il tempo della festa non è mai un tempo neutro; in quanto momento collettivo e rituale rimanda direttamente a una dimensione mitica ma soprattutto ambivalente: da un lato strettamente legata al caos e alla morte, dall’altro dotata di energia rigenerante e vitale. Tale caratteristica traspare in particolar modo nella connessione originaria del tempo della festa con i cicli cosmici. Ogni religione, in ogni epoca e in ogni cultura umana ha sempre scandito il ritmo dell’anno fondando periodi particolari o giorni festivi che formano il percorso – fisico e metafisico – della comunità religiosa e del singolo credente.
La forza primordiale e catartica degli istituti festivi è indagata nello straordinario “Dizionario delle feste” (Jaca Book, 240 pagine, 40 Euro) a cura di Mircea Eliade e Julien Ries, due nomi che nell’ultimo secolo hanno legato la propria esistenza alla comprensione del millenario rapporto tra essere umano e sacro. Il dizionario, suddiviso in lemmi in ordine alfabetico, ha il pregio di condurre in un viaggio all’interno dei meccanismi della festa in ogni angolo del globo, tracciando costanti e marcando espressioni peculiari. Le voci che compongono il “Dizionario delle feste” sono curate da esperti di fama internazionale e sono state tratte principalmente dall’edizione dell'”Enciclopedia delle Religioni” diretta da Mircea Eliade, articolata in 17 volumi di cui 15 pubblicati (curata per l’Italia da Dario M. Cosi, Luigi Saibene e Roberto Scagno), e dal “Trattato di Antropologia del Sacro” (TAS) in 10 volumi, curato da Julien Ries con Lawrence E. Sullivan e Michel Masson, opere fondamentali, riferimento irrinunciabile per studiosi e cultori della vasta materia antropologica e religiosa. In virtù della corrispondenza tra collocazione calendariale delle feste e cicli cosmici, ampio spazio è dedicato all’approfondimento della suddivisione dell’anno religioso presso numerose tradizioni spirituali tra cui quelle cinese, cristiana, ebraica e islamica.
Qualche esempio. In Africa il tempo della festa esprime la sua profonda ambivalenza in quanto esso è ricreato sia all’interno del culto dei defunti sia nei riti di iniziazione e di passaggio. Per i Tungusi della Siberia la festa è soprattutto un legame – culturale e magico-religioso – con le antiche società di cacciatori: nella stagionale “Festa dell’Orso” che ha luogo all’inizio della primavera e in autunno inoltrato – quindi nei periodi di caccia – l’animale rappresenta un antenato mitico, ovvero un eroe culturale, creatore dell’allevamento delle renne, uno spirito capace di propiziare l’attività venatoria.
La festa è dunque un momento particolare che sorprende e interrompe la normalità; essa può essersi originata da un mistero religioso, da un episodio mitico o da una memoria lacerante. È, però, sempre motivo di pausa dalla routine del lavoro umano, è episodio di rottura del tempo lineare, è – infine – elemento inequivocabile di appartenenza a un orizzonte culturale ben specifico. Il percorso delle feste all’interno del ciclo dell’anno è per tale motivo un itinerario temporale e spirituale che fa via via incontrare il credente con i punti di riferimento della sua cultura di appartenenza. Per questa loro potenza le feste esistono da quando esiste l’uomo; e l’arte preistorica lo dimostra, come è possibile constatare osservando il cosiddetto “Stregone” dipinto nella caverna dei Trois Frères in Francia che, circondato da animali, danza vorticosamente: sta prendendo parte – in definitiva – a una festa. Gli istituti festivi esprimono quanto c’è di comune, come esigenza di fondo del rapportarsi col mistero e col senso della vita in tutte le religioni; e quanto sia varia la diversità inventiva e dottrinale delle varie culture, dalle grandi civiltà alle popolazioni più isolate. Le feste, sopra ogni altra cosa, sono il luogo dove il religioso e il profano si mescolano facendo cadere le differenze.
Massimiliano Palmesano